Agnelli: un “whatever it takes” anche per il calcio

Agnelli: un “whatever it takes” anche per il calcio

Il presidente della Juventus cita il Premier per presentare il suo progetto di rinascita del sistema calcio in Europa.

 

“Se non ci muoviamo, rimarremo soli nell’ illusione di quello che siamo, nell’oblio di quel che siamo stati e nella negazione di quel che potremmo essere”.

Queste sono le parole che in maniera netta e con grande emozione ha pronunciato il neo Premier Italiano Mario Draghi nel giorno del suo discorso di insediamento in Senato; parole che dette da un personaggio della sua autorevolezza e del suo calibro nel contesto di un’Europa Unita non possono che smuovere le coscienze di ciascun cittadino convinto e sostenitore dell’Unione degli Stati Membri.

E’ con lo stesso entusiasmo e la stessa convinzione che anche ieri, in occasione della venticinquesima assemblea dell’ European Club Association, il Presidente della Juventus Andrea Agnelli ha citato le parole del Presidente del Consiglio riferendosi ad una necessità di collaborazione ed unità di intenti da parte di tutte le Federazioni calcistiche Europee. Agnelli si è ampliamente soffermato sulle conseguenze economiche e sportive comportate dalla pandemia di Covid-19. Ha sostenuto che questo momento di transizione che sta attraversando il sistema calcio debba fungere da trampolino di lancio per apportare una riforma integrale che coinvolga tutti i suoi aspetti (siano essi economici, sportivi e sociali): Calcio, economia e politica sono al bivio. Dobbiamo intercettare questa possibilità e agire, altrimenti rischiamo di implodere. C’è il potenziale per un futuro migliore”. Queste sono le parole del Presidente riportate da Repubblica.it

Aspetti economici.

Repubblica sempre attraverso le parole del Presidente bianconero ci tiene a far risaltare qualche dato numerico del disastro causato dal Covid-19: Le perdite sono state attorno ai 6,5 miliardi e 8,5 miliardi nelle due stagioni, circa 360 club di prima divisione hanno bisogno di soldi per una somma di circa 6 miliardi, i top 20 club per quanto riguarda il reddito hanno fronteggiato una perdita di 1.1 miliardi nella stagione 2019/20″. Le perdite hanno coinvolto tutti anche grandi società che hanno sempre potuto contare su bilanci solidi e introiti sicuri. Inutile sottolineare la Babele nella quale versano i club militanti nelle serie minori. Il Presidente continua spiegando che attualmente, in ragione della crisi messa in evidenza, l’unica fonte di sostentamento a disposizione delle società siano i diritti televisivi tanto da far gola anche a grandi fondi di investimento come sta avvenendo in Italia; solo con un cambiamento organizzativo del sistema si può guardare seriamente e con prospettiva a questi colossi della finanza. Naturalmente, sottolinea Agnelli, così non può funzionare poiché le società hanno bisogno di qualcosa in più per poter andare avanti.

E i tifosi?

Un altro aspetto di notevole interesse, non solo economico, ma anche sociale portato alla ribalta dal nipote dell’Avvocato è quello dei tifosi: Dobbiamo mettere i tifosi al centro […] Ad oggi non abbiamo ancora i tifosi allo stadio” (Gazzetta dello Sport). Non serve sottolineare quanto la presenza delle persone allo stadio sia importante economicamente per le società, tuttavia, ciò che il Presidente dell’ECA sostiene è che si debba improntare lo spettacolo del calcio alle esigenze dei tifosi che, a detta di alcune statistiche presentate dallo stesso Agnelli, sono nettamente cambiate. Non c’è più il solo interesse per la “propria squadra”, ma entrano in gioco altre realtà. La popolazione più giovane ha perso interesse per il calcio, non segue più le partite con la stessa passione, con stessa assiduità di qualche anno fa; manca la componente stimolante che ha sempre contraddistinto il gioco del pallone che è l’imprevedibilità, la curiosità di vedere come va a finire, l’entusiasmo di una partita tra due grandi squadre che possono dare vita a 90 minuti di totale spettacolo e divertimento nonché l’assenza dei grandi campioni (Messi e CR7 esclusi). Tutto questo per dire che secondo il manager piemontese si deve ricercare un modello che possa richiamare i tifosi al “centro del campo”. Bisogna ripensare l’organizzazione dei tornei, bisogna evitare di congestionare i calendari con il solo scopo di aumentare il numero delle competizioni e delle partite. Aspetto quest’ultimo che si ripercuote anche sull’aspetto tecnico-sportivo, al quale comunque Agnelli è molto attaccato, motivo per cui non manca di sottolineare come nel 2020 fino ad oggi i giocatori siano stati chiamati a sforzi psico-fisici eccessivi perché costretti a giocare sempre più partite ravvicinate che quindi vanno a incidere in maniera negativa sulle prestazioni singole e collettive comportando una riduzione in termini di qualità del gioco e innalzando i rischi di infortuni che a loro volta pesano sugli interessi delle società, come si legge sempre sul quotidiano romano.

Modello svizzero.

In ragione di quanto detto, Andrea Agnelli ritorna sul progetto di riforma delle Coppe Europee richiamando ancora una volta il sistema svizzero (basato proprio su quanto previsto nel paese elvetico) cioè: 36 squadre partecipanti, cancellazione della fase a gironi, classifica generale. Ognuna delle 36 squadre ne affronterebbe altre 10 (sorteggiate prima dell’inizio della competizione), le prime 8 classificate passerebbero immediatamente alla fase ad eliminazione diretta, le squadre piazzate dalla nona alla ventiquattresima posizione darebbero vita a dei veri e propri playoff per decretare le ulteriori 8 che accederebbero agli ottavi da svolgersi con formula classica. Lo scopo di questo progetto di competizione è portare più club a svolgere più partite a livello europeo, aumentando il numero delle stesse partite giocate in contesto internazionale, riducendo a sua volta le sfide nazionali. Ovviamente l’appeal dei match crescerebbe e questo, stando al ragionamento del Presidente, aiuterebbe a riavvicinare i tifosi al calcio, soprattutto i più giovani che sarebbero maggiormente intrigati dalla curiosità di vedere sfidarsi i più grandi campioni del calcio Occidentale.

Il progetto, ideato da Van derSar, è sicuramente allettante e interessante, ma non di scontata fattibilità perché per la sua realizzazione si richiede la collaborazione di tutte le Federazioni coinvolte, ed è qui che ritornano le parole del Premier Draghi, citate da Agnelli. La necessità di un cambiamento è davanti agli occhi di tutti, anche di quelli (come chi vi scrive) che non hanno alcuna competenza manageriale nel settore calcistico, ma hanno una forte passione per questo sport; l’ostacolo principale è sempre lo stesso: mettere d’accordo tutti, ma se è vero che se non ci muoviamo rischiamo di rimanere un nulla nel rimpianto di quello che potremmo essere forse conviene collaborare. La stessa collaborazione che ha chiesto Draghi all’Unione Europea (e lui ne ha gli attributi) per fronteggiare l’emergenza sanitaria ed economica globale nella prospettiva di creare un’Unione di Stati che sia degna di essere definita tale va riproposta anche nel sistema calcio che alla fine…piccola considerazione personale…non è solo uno sport, ma forse lo specchio di una società che ha bisogno di ritrovare sé stessa oggi per rinascere domani.

Con la più totale umiltà mi permetto di dire, oggi più che mai, “whatever it takes”.

“IL CALCIO AL TEMPO DEL COVID”

di ALVISE GUALTIERI