SPECIALE EUROPEI Il segreto degli Azzurri? Il gruppo, lo dicono anche i numeri!

Una parola per descrivere la Nazionale di Mancini? Gruppo. Quello che saluta Roma, intonando “Notti Magiche”. Quello che da 30 partite non ne stecca una. Perché a certificare la qualità di questa squadra sono i numeri, al di là delle parole che da sole rischierebbero di trasformarsi in vuota retorica.

Tutti per uno, uno per tutti. Ma partiamo dalle parole. Quelle dei protagonisti, che raccontano di un gruppo forte e coeso. Già alla vigilia dell’Europeo Acerbi aveva definito la Nazionale Azzurra “un gruppo formato famiglia”, dove tutti si divertono e tutti si sentono importanti. E lo ha ribadito nel post-partita di Italia-Svizzera, spiegando che: “Siamo tutti titolari e ci credo a differenza di altre volte dove lo si dice e basta. Chiunque gioca fa la sua prestazione ed è merito del gruppo”. Un gruppo che sembra non conoscere invidie né gelosie. Come Belotti e Immobile che, pur contendendosi il posto al centro dell’attacco, alla rivalità antepongono l’amicizia che li lega dai tempi del Toro. Come Barella che ieri in panchina si è divertito a stuzzicare il compagno Locatelli, per il quale però sarebbe pronto a farsi da parte in campo: “Come si fa a sostituire Locatelli ora che rientra Verratti? Non è detto, può essere che esca io.” Già Verratti. Proprio lui che, 44 giorni dopo l’infortunio al collaterale, nella partita contro il Galles è tornato a ricamare gioco nel centrocampo azzurro, dal quale difficilmente Mancini lo toglierà. Ma se così non fosse, per il centrocampista del PSG non sarebbe un problema: “Io in Nazionale starei anche in panchina. Siamo tutti uguali, il CT farà le sue scelte e tutti daranno il massimo. Se gioco un minuto o cento, comunque darò la vita”. Perché gli uomini di Mancini sono 26 moschettieri uniti e pronti a tutto pur di regalarsi (ci) il sogno.

Dalle parole…ai numeri. Belle parole, sì che, senza i fatti, conterebbero poco o nulla. E allora eccoli i fatti, anzi i numeri. Trenta: i risultati utili consecutivi della Nazionale di Roberto Mancini (che aggancia Vittorio Pozzo in questa speciale classifica); otto: i giocatori inseriti nel turnover contro il Galles; 25: i giocatori che hanno giocato almeno un minuto nelle prime tre partite dell’Europeo; sette: i gol segnati nel girone; zero: i gol subiti nelle prime tre gare. Questi alcuni dei numeri che confermano la forza della compagine azzurra. Un gruppo che Mancini ha saputo forgiare nello spirito e nel gioco. Per coglierne lo spirito, basta osservare. Cosa? La passione con cui cantano, abbracciati, l’inno; la gioia pazza e (quasi) incredula che sprigionano dopo ogni gol; le risate a bordo campo e in allenamento; l’elettricità che, come su un filo invisibile, scorre da un giocatore all’altro e ne guida i movimenti, i passaggi, il gioco. Il gioco, appunto. O meglio, l’idea di gioco. Quella che il CT azzurro è riuscito ad inculcare nella testa di tutti i suoi ragazzi. Quell’idea che muove la squadra sempre, chiunque sia l’avversario, chiunque siano gli interpreti che scendono in campo: dominio territoriale, recupero alto della palla, corsa in avanti. Principi validi sempre e comunque. Anche quando gli avversari alzano le barricate (come contro la Turchia); anche quando il turnover rischia di spezzare meccanismi oliati (come contro il Galles). Così se Verratti non è al meglio, entra Locatelli e cala la doppietta. Così se Sensi dà forfait all’ultimo, Pessina si fa trovare pronto e firma la vittoria che vale il primato nel girone.

Fino ad ora tutto bello, quindi, nelle parole e nei fatti. Tutti titolari, vero. Ma con delle gerarchie. Però l’Europeo è un torneo lungo (si spera) e sfiancante (anche per gli spostamenti). Quando gli avversari si faranno più forti, le partite più difficili, e le gambe e la testa più pesanti serviranno ancora tutti. Servirà il gruppo. Questo gruppo.

ARTICOLO DI CHIARA SACCONE

Vuoi collaborare con un Procuratore Sportivo? Scopri come…a MILANO, lun 19 luglio 2021