Calciomercato: cosa aspettarsi dalla prossima sessione condizionata dall’era Covid e dal post Campionati Europei?

La pandemia di Sars-Cov2 ha colpito anche il calciomercato; i direttori sportivi faticano a fare acquisti a titolo definitivo, spopolano i prestiti e tornano di moda i parametri zero. Un cavillo fiscale inguaia le società e i campioni che volessero giocare in Italia.

E’ passato un anno e mezzo dall’indimenticabile (purtroppo) “lockdown” che per la prima volta nella storia del calcio ha fermato in maniera irrevocabile e del tutto inaspettata tutti i campionati del mondo. Non era mai capitato di dover fermare il mondo del pallone professionistico, ci è voluta una pandemia!

L’inevitabile stop decretato dai governi di tutti i paesi ha provocato danni ingenti nel mondo del calcio sotto tutti gli aspetti soprattutto in termini economici, l’hanno ribadito a più riprese quasi tutti i Presidenti delle società calcistiche, dalle più ricche alle più modeste.  In realtà una prima conferma di questa caduta economica del settore è arrivata dalla finestra invernale di calciomercato dalla quale si è colta in maniera netta la difficoltà, anche dei grandi club, ad imbastire trattative importanti. Posto che il mercato di riparazione è da sempre un momento complicato per tutti i direttori sportivi perché le trattative devono essere svolte in breve tempo e in maniera mirata al solo scopo di migliorare il più possibile le rose delle squadre, quest’anno le insidie sono aumentate per causa di forza maggiore; la crisi provocata dalla pandemia di Covid-19 che non ha di certo mancato di colpire anche il football.

Pre e post Covid-19

Se secondo un report FIFA del gennaio 2020 ci sono stati 4108 trasferimenti che hanno mosso all’incirca 1,15 miliardi di euro (come riporta il sito di economia e impresa StartMagazine) quest’anno tra gennaio e febbraio non c’è stata quasi partita, nel senso che le trattative sono state molto ridotte e in ragione di un metodo di contrattazione tra le società improntato ai prestiti con diritto di riscatto ovvero ricerca di giocatori in scadenza di contratto a fine stagione corrente o ancora contrattualizzazione con giocatori svincolati, la quantità di denaro immesso in circolazione si è ridotta in maniera drastica.

Portiamo l’esempio del Milan, secondo club più titolato al mondo dopo il Real Madrid da due anni è di proprietà di un Fondo (Elliot) che come obiettivo ha quello di risanare i conti e investire in maniera decisa sui giovani (anche del proprio settore giovanile). La società meneghina nella finestra del mercato invernale, in ragione della strategia societaria di cui sopra, si è ritrovata ad avere un minimo di liquidità; nonostante ciò ha investito sul mercato con grande parsimonia, due prestiti più l’arrivo a parametro zero di Mario Mandzukic. L’Inter e la Roma dopo un’estenuante telenovela Dzeko-Sanchez hanno deciso che non se ne sarebbe fatto nulla perché l’ingaggio del bosniaco venne valutato troppo oneroso per le casse di Suning, che già aveva dimostrato di avere qualche problema con il pagamento degli stipendi. La Juventus, forse la società più solida economicamente in Italia non ha fatto registrare alcuna operazione di rilievo.

Le strategie dei club, quindi, sono state, e forse lo saranno anche in futuro, molto chiare: se esce qualcuno si compra altrimenti nulla da fare.

Il cavillo del fisco.

Si segnala poi, a riprova di come il calcio non esuli dalle dinamiche della società generale, che ad aggravare la situazione vi si è messa anche l’Agenzia delle Entrate. L’Ente di riscossione tributaria infatti, attraverso una nota pubblicata sul suo sito, ha precisato che gli sportivi professionisti non avrebbero potuto beneficiare dello sgravio fiscale previsto dall’art. 5 del “Decreto Crescita” (D.L. 34/2019 convertito in Legge n. 58/2019) che intervenne per modificare il precedente D.Lgs. n. 147 del 2015. Nel 2019 tale provvedimento aveva esteso il regime dei “lavoratori rimpatriati” anche agli sportivi professionisti permettendo loro di godere di una deroga che prevedeva una tassazione ridotta al 50% per i redditi di lavoratore dipendente che trasferissero la loro residenza in Italia dopo almeno due anni di esercizio professionale all’estero impegnandosi a mantenere la residenza nel nostro paese per ulteriori due anni. Un successivo DPCM avrebbe dovuto definire le modalità per il versamento del contributo, ma questo provvedimento amministrativo non è mai stato emanato. E’ su questo “buco normativo” che l’Agenzia delle Entrate fonda la sua tesi. In termini numerici la mancata applicazione dell’agevolazione fiscale costerebbe alle società di Serie A tra i 140 e i 150 milioni di euro, come riporta Repubblica in un articolo di qualche mese fa.

La soluzione apparentemente sembrerebbe semplice, basterebbe emanare il DPCM che vada a regolare la disciplina, ma non è scontato. In un momento tragico sul piano economico e sociale come quello che stiamo attraversando è evidente che attuare una manovra di sgravi fiscali alle “ricche” società del pallone sarebbe aberrante per l’opinione pubblica, ed è comprensibile. Non si dimentichi però, che il calcio e tutto l’indotto da esso derivante è fonte di sostentamento anche per le casse dello Stato. Il calcio professionistico è tra le prime industrie del nostro paese e le sole ritenute sugli ingaggi portano all’Erario più di 700 milioni, quando invece l’investimento delle altre federazioni si aggira sui 400 milioni (fonte Calcio e Finanza). Sicuramente gli organi di governo si vedranno costretti a prendere qualche decisione in merito anche perché le pressioni da parte delle società e della Federazione, immaginiamo, cresceranno sempre di più, soprattutto in vista della prossima campagna acquisti estiva.

E’ sicuramente presto per fare previsioni su che mercato sarà quello estivo che inizierà a luglio, anche perché di mezzo ci sarà un campionato Europeo che darà sicuramente spunti interessanti e smuoverà l’intero sistema, ma la sensazione è quella che i tifosi dovranno tenere a bada i propri sogni ancora per un po’…poi lo sappiamo, il calciomercato è imprevedibile e pieno di sorprese!

Articolo di ALVISE GUALTIERI

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