Il calcio al tempo del Covid: Il calcio sudamericano dà una lezione a quello europeo. Bassetti lo aveva ipotizzato, in Sud America lo hanno fatto davvero…
Mentre FIFA e federazioni europee battibeccano sull’organizzazione di Euro 2021 in Sud America si mettono in sicurezza le competizioni e gli addetti ai lavori.
La scelta della Conmebol
E’ notizia di qualche settimana fa che c’è una parte del mondo, il Sud America, che, non sicuramente grazie alle parole di Bassetti da noi riportate nei mesi scorsi circa la possibilità di vaccinare i calciatori di Serie A, ma che forse non erano poi così campate per aria, ha deciso di intraprendere una campagna vaccinale per calciatori e componenti degli staff delle squadre dei suoi campionati.
Come si può leggere ampiamente sui maggiori siti e quotidiani sportivi, infatti, la Conmebol, il massimo organismo del calcio sudamericano (l’equivalente della nostra F.I.G.C.), ha annunciato, attraverso le parole del suo presidente Alejandro Dominguez, che è stato concluso un accordo con l’azienda farmaceutica cinese Sinovac Biotech Ltd per la donazione di 50mila vaccini contro il Covid-19 per immunizzare i giocatori delle squadre che prenderanno parte alla prossima Coppa America; allo stesso modo, una parte delle dosi promesse saranno destinate agli altri campionati istituiti dal medesimo organo quali la Coppa Libertadores e la Coppa Sudamericana.
Il presidente Dominguez ha reso pubblica la notizia con grande entusiasmo e allo stesso tempo senso del dovere affermando che in ogni caso saranno rispettate tutte le norme messe in campo sino ad oggi per permettere il regolare svolgimento dei campionati e che, pertanto, non verrà abbassata la guardia per nessuna ragione perché immunizzare i giocatori non vuol dire uscire dalla pandemia e dal rischio di diffusione del contagio, che tra l’altro in molti paesi sudamericani è ancora molto presente e pressante.
“Apprezzo questo grande gesto di solidarietà e sostegno da parte della società Sinovac, che ha capito che il calcio è un’attività fondamentale per l’economia, la cultura e la salute fisica e mentale dei sudamericani” afferma sempre il presidente della Conmebol come si può leggere sulle pagine del Corriere dello Sport. E’ un dato di fatto che il calcio, soprattutto nelle aree più povere e malfamate dei paesi sudamericani abbia un’importanza che va oltre la passione, il divertimento, e l’intrattenimento. In America Latina si respira calcio in ogni angolo delle città, in qualsiasi strada persino nelle case, non è un caso che Eduardo Galeano, giornalista e scrittore uruguaiano amante del calcio per tutta la sua vita, abbia testimoniato: “Ci sono alcuni paesi e villaggi del Brasile che non hanno una chiesa, ma non ne esiste neanche uno senza un campo di calcio”. Basterebbe questo per cogliere l’importanza della scelta della confederazione calcistica sudamericana.
Possibile impatto generale della scelta adottata
Tralasciando le questioni relative all’efficacia più o meno effettiva del vaccino cinese, di cui da qualche tempo si ha di che disquisire per alcune esternazioni rilasciate dagli organi competenti ai piedi della Muraglia, ciò che conta è il significato mediatico e comunicativo che ha l’immunizzazione degli atleti, degli allenatori e dei componenti delle squadre. Vaccinare gli interpreti principali delle competizioni permette il sicuro svolgimento delle stesse dall’inizio alla fine senza interruzioni o cambi di programma, garantirà alle squadre di spostarsi liberamente nelle città e non metterà a rischio l’incolumità di giocatori e di tutti coloro che prenderanno parte alle manifestazioni. Tutto ciò permetterà alla popolazione latina di assistere allo spettacolo della Coppa America. Non è finita, infatti, non ci vuole un esperto in alta finanza per comprendere quanto siano importanti economicamente gli eventi sportivi internazionali per i paesi ospitanti. In un momento di sofferenza economica pressoché globale come quello in cui ci troviamo la sicurezza dello svolgimento di queste manifestazioni può portare un sollievo non indifferente alle casse degli Stati. Ogni torneo smuove centinaia di persone tra giocatori, staff, dirigenti, organizzatori, giornalisti ecc., e ciò comporta un indotto complessivo irrinunciabile (ad oggi). Senza dimenticare quello che c’è dietro alla realizzazione dell’evento finale: ristrutturazione e messa in sicurezza degli stadi, delle vie di transito, organizzazione della logistica delle città, televisioni e testate giornalistiche che pagano fior fior di quattrini per ottenere i diritti televisivi e via discorrendo. Certo, quest’anno i tifosi saranno pochi o forse proprio non saranno ammessi negli impianti, tuttavia, nessuno potrà negare la rilevanza economica e anche morale, soprattutto ora, che essi hanno nel patrimonio complessivo del sistema calcio e sportivo in generale.
E l’Europeo?
Quanto sin qui raccontato potrebbe valere anche per Euro 2020, ormai “Euro 2021”, torneo per il quale era stata avanzata una proposta simile, ma non ancora apparsa, e abbiamo ragione di credere che non apparirà, concretamente sui canali ufficiali della FIFA o delle singole Federazioni. Ad oggi si discute solo della presenza o meno dei tifosi negli stadi; è notizia recente, presentata dalla sottosegretaria allo Sport Valentina Vezzali, la possibilità di vedere sugli spalti dello stadio Olimpico di Roma per la partita Italia-Turchia circa 17.000 sostenitori (pari al 25% della capienza complessiva dell’impianto capitolino). Proprio oggi, in merito, ha preso la parola il Prof. Francesco Vaia, Direttore Sanitario dell’Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma per comunicare che in occasione della manifestazione calcistica torneranno i tifosi allo stadio, ma solo con un certificato vaccinale o con esito negativo di tampone effettuato nelle 24/48 ore precedenti. Quanti dichiarato dal medico non può che farci piacere sia dal punto di vista sportivo che meramente morale regalandoci una minima parvenza di normalità. Tuttavia, ci chiediamo se non fosse stato più immediato e di facile realizzazione procedere ad una messa in sicurezza di tutti coloro che prenderanno parte attiva all’evento, nessuno escluso, dall’operaio più umile sino al campionissimo di turno. Questo in ragione del fatto che i soggetti direttamente coinvolti sono necessariamente contingentati e facilmente identificabile…un numero chiuso in poche parole. Il rischio di possibili stop e rinvii dei match per possibili contagi negli staff delle squadre permarrà per l’intera competizione e se dovessero verificarsi episodi del genere sarebbe complesso trovare soluzioni alternative data la concentrazione in un solo mese del torneo; allo stesso modo assistere a partite in cui nelle nazionali tra le migliori al mondo (perché l’Europeo è questo, ossia un Mondiale nel quale mancano Argentina e Brasile) non scendono in campo i grandi campioni sarebbe uno smacco enorme per tutto il sistema. Questo Europeo ha un’importanza che va oltre la coppa e le posizioni nel ranking, sarà l’Europeo di tutti, di chi segue il calcio per passione, di chi lo segue per mestiere, di chi è solo e cerca qualcosa da condividere, persino di chi non segue il calcio. Sarà L’Europeo della svolta morale, della spensieratezza, della gioia di un gol all’ultimo secondo, di un abbraccio che forse non sarà fisico perché la legge ce lo impedisce, ma che stringerà ancora di più di quello famoso di Berlino in cui “dovevamo volerci tutti bene perché avevamo vinto tutti”. Questa volta ci accorgeremo del vero significato della vittoria, oggi abbiamo perso ogni punto di riferimento, ma quell’abbraccio che inevitabilmente cercheremo quando vedremo il pallone depositarsi in rete avrà il sapore di una vittoria sempre e comunque perché ritorneremo ad avere qualcosa in cui credere e ciò ci riavvicinerà l’un l’altro. Non possiamo farci scappare questa occasione. Riportare la gente allo stadio sarebbe già un passo avanti e chissà che non serva anche ad indirizzare il Nostro Paese verso una riapertura e una ripartenza ogni giorno più indispensabile.
di ALVISE GUALTIERI
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