Flop Pirlo alla prima da allenatore: tutta colpa della mancata gavetta?
Dopo 9 anni di regno, la Juventus abdica. Ma è il come a far discutere. Usciti dalla lotta troppo presto, i bianconerisono apparsi la copia sbiadita della squadra schiacciasassi dell’ultimo decennio. Sotto accusa Pirlo. Da predestinato a capro espiatorio: gli è mancata la gavetta o c’è dell’altro?
Nessuno come Pirlo. Scelto la scorsa estate come allenatore dell’Under23, dopo l’esonero di Sarri si ritrova catapultato sulla panchina della prima squadra. Per la velocità della sua ascesa, Pirlo è accostato ad altri allenatori precoci: Guardiola, Zidane, Mancini e Simone Inzaghi. Ma il paragone non regge. Guardiola inizia sì la sua carriera al Barça, ma parte dalla ‘Cantera’. Così come Zidane che, dopo il debutto nel 2013 come vice nel Real Madrid di Ancelotti, allena per due stagioni il Real ‘Castilla’, i giovani Blancos, per tornare in prima squadra solo nel 2016. Restando in Italia, immediato il paragone con Roberto Mancini e Simone Inzaghi, entrambi però passati attraverso l’apprendistato: Mancini nel 2000è vice nella Lazio di Eriksson, poi l’approdo alla Fiorentina; per Inzaghi6 stagioni tra giovanissimi, allievi e primavera laziali prima della Serie A. Pirlo al contrario rappresenta un’eccezione inedita. E una recente tendenza dei top club, come analizza il NY Times. “Manchester United, Chelsea e Arsenal nella scelta di Solskjaer, Lampard e Arteta hanno puntato sul background del candidato più che sul curriculum. Se un Guardiola o un Klopp non sono disponibili, allora un giocatore che ha appena smesso di giocare con carisma e autorità ha le stesse probabilità – se non di più- di avere successo come allenatore rispetto a uno che si è fatto strada dal basso”.Tesi però che sembra essere smentita proprio dal caso Pirlo, soprattutto nel confronto con il suo predecessore: quel Sarri che, venuto dalla gavetta, lo scorso anno confezionava il nono scudetto consecutivo della storia bianconera.
Tutta colpa della mancata gavetta? Non solo. Andrea Pirlo nella sua prima conferenza stampa da tecnico bianconero dichiarava di sentirsi “al posto giusto, nel momento giusto”. Probabile invece che siano stati proprio i tempi ad essere sbagliati. I tempi del suo arrivo in prima squadra: in corsa; i tempi del mercato: troppo stretti per poter incidere sulle scelte tecniche; i tempi della preparazione: inesistenti; i tempi della pandemia: calendari compressi, zero allenamenti e formazioni troppo spesso condizionate dai casi di positività. E poi ancora, le assenze prolungate di alcuni big (Dybala e Chiellini su tutti) e un centrocampo oggettivamente non all’altezza. Infine sullo sfondo le prime crepe di una società che sembrava granitica: le casse in rosso già nel pre-pandemia (con conseguente rifinanziamento), lo scivolone sul caso Suarez, le ripercussioni del progetto Superlegafino alla recente messa in discussione della leadership di Andrea Agnelli.
Di certo qualche anno di esperienza a Pirlo avrebbe fatto comodo, soprattutto nella lettura delle gare e nella gestione dello spogliatoio. Ma è evidente che la sua prima da allenatore sia stata condizionata da circostanze che avrebbero messo in difficoltà anche la più navigata delle gavette.
Non vuole essere questa un’assoluzione, ma una sospensione del giudizio. Nell’attesa che, alla Juve o altrove, il Maestro possa avere una chance di riscatto.
DI CHIARA SACCONE