“Dino Zoff, tanti auguri omone serio”

Dino Zoff, tanti auguri omone serio! 

“Passeggiavo in via Roma, a Torino e ad un tratto sento dietro di me passi pesanti e sostenuti. Mi volto e vedo Dino Zoff”.

“Ma papà non l’hai fermato? Non gli hai parlato?

“No, faceva paura solo a guardarlo! Era enorme e…serio!”

Le parole di mio padre stuzzicarono la mia curiosità di bambina senza però soddisfarla. Anni dopo mi sarei documentata e avrei dato un significato a quell’andatura seria e pesante.

Un omone (con tutto il rispetto che si deve a una grande persona!) serio e tutto d’un pezzo, come ormai se ne vedono pochi sui campi da calcio. Niente tatuaggi, niente creste, pochi proclami e zero chiacchiere. Ma tanta sostanza. Nel suo vocabolario di uomo e di sportivo le due parole ricorrenti sono lavoro e fatica. I suoi idoli di ragazzo, del resto, sono Fausto Coppi e Abdon Pamich, uomini veri, sportivi che si arrampicavano quotidianamente sui muri alti del sacrificio.

Friulano doc, figlio di contadini, Dino ragazzino si divide tra i motori (dopo la scuola lavora in un’officina di Gorizia) e il pallone. A 15 anni viene scartato ai primi provini perché troppo gracile. È l’Udinese a scommettere su di lui dandogli la chance di esordire in Serie A. L’esperienza bianconera però si rivela meno tenera del previsto: due anni difficili quelli di Udine culminati con la retrocessione in B, tante critiche e un amore mai sbocciato con la tifoseria.

Poi il trasferimento a Mantova, città che ha un posto speciale nel cuore di Dino Zoff: è qui che decolla la sua carriera ed è qui che il portiere incontra la donna della sua vita, Annamaria Passerini.

Dopo i 4 anni al Mantova, Dino va al Napoli, un incontro tra anime che non avrebbero potuto essere più diverse: da un lato l’entusiasmo e la passione della città partenopea e dall’altro il carattere introverso e schivo del portierone friulano. Cinque anni fondamentali nella carriera di Zoff: lo scudetto sfiorato nella stagione’67-68, le prime gioie in Nazionale (l’Europeo vinto nel ’68) e l’esperienza maturata al fianco di giocatori del calibro di Altafini e Sivori.

A 30 anni, infine, arriva la Juventus, il premio alla carriera. Undici anni di successi all’ombra della Mole: 6 scudetti, 2 Coppe Italia e 1 Coppa Uefa e nel mezzo…il Mondiale dell’82, alla faccia di chi lo aveva già dato per finito ad Argentina ’78. Anche se va detto che Dino Zoff non è mai stato l’uomo delle rivincite. Di fronte alle critiche ha sempre tirato dritto, con la fierezza e la serietà di chi si lascia andare solo quando sa di aver compiuto il proprio dovere. Come quando, alzando al cielo la Coppa del Mondo da Capitano, sul suo viso compare finalmente un sorriso pieno e consapevole.

Un numero 1 atipico, lontano dal concetto di uomo volante, mai percorso da quella vena di follia tipica dei portieri inclini alla bravata, al gesto spettacolare. In un mondo di estro e follia, Dino Zoff ha portato la sua saggezza antica.

Tanti auguri Super Dino, noi ti amiamo così come sei.

“I protagonisti del pallone”

di Chiara Saccone