Un autorevole commento della Prof. Avv. Margherita Pittalis sui recenti casi di discriminazione delle donne arbitro nel mondo del calcio e non solo! Da leggere assolutamente…

“Pregherei la regia di inquadrare l’assistente donna, che è una cosa inguardabile. È uno schifo vedere le donne che vengono a fare gli arbitri in un campionato dove le società spendono centinaia di migliaia di euro. Una cosa impresentabile per un campo di calcio”. Queste le parole finite nell’occhio del ciclone, pronunciate in diretta televisiva dal giornalista campano Sergio Vessicchio, nel corso della telecronaca della partita tra Agropoli e Sant’Agnello, valevole per la ventottesima giornata del Campionato di Eccellenza campana. Le frasi del giornalista, riferite alla signora Annalisa Moccia della sezione di Nola, non sono passate inosservate, ma hanno suscitato numerose reazioni di sdegno, in primis da parte dell’Ordine dei giornalisti della Campania, che ha immediatamente sospeso Vessicchio. Lo stesso ha provato a giustificare le proprie parole, declinando le accuse di sessismo rivoltegli e sostenendo come la sua intenzione fosse quella di indirizzare una critica alla Federazione Italiana Giuoco Calcio, rea di affidare compiti delicati, quali l’arbitraggio, a figure, a suo dire, inadeguate. Il Presidente dell’Associazione Italiana Arbitri, Marcello Nicchi, si è detto sconcertato dalle inqualificabili e discriminatorie espressioni del giornalista.

Questo episodio è solo l’ultimo di una serie di tristi accadimenti che hanno riguardato il calcio italiano nell’ultimo periodo e la stessa sig.ra Moccia, nel gennaio scorso, era stata fatta oggetto di insulti e minacce da parte dei sostenitori di un’altra squadra campana, sanzionata con un’ammenda di 500 euro. Nello sport italiano, come noto, la discriminazione di genere è fortemente radicata, in primo luogo a livello normativo, vista la mancata previsione del professionismo per le donne e, di conseguenza, l’assenza di qualsiasi tipo di tutela a beneficio delle atlete e il mondo dell’arbitraggio, certamente, non è da meno. A livello meramente numerico, infatti, nessuna donna arbitro è presente negli organici della CAN A e della CAN B, a fronte dei rispettivi 21 (con 41 assistenti) e 27 (con 42 assistenti) arbitri uomini. Pertanto, ad oggi, in Italia, le donne arrivano a dirigere gare al massimo in Serie C, la cui lista di “fischietti” presenta un arbitro donna e 4 assistenti donna designabili.

Nel mondo dilettantistico, il cosiddetto “calcio di provincia” sono state numerose le aggressioni, verbali e fisiche ai danni di donne arbitro, figlie di una vera e propria mancanza di cultura sportiva, da parte di giocatori, dirigenti e spettatori. L’episodio più increscioso degli ultimi anni ha riguardato, nel 2014, l’arbitro Elena Proietti, oggi Assessore allo Sport del Comune di Terni, che, durante un match di Prima categoria, mentre tentava di sincerarsi delle condizioni di un giocatore, caduto a terra dopo uno scontro, veniva colpita da un pugno in pieno volto, che l’ha resa sorda da un orecchio e cieca da un occhio, causandole un’invalidità pari al 67 %. La stessa Proietti aveva, in seguito, denunciato l’operato dell’AIA e della giustizia sportiva, che aveva comminato al giocatore in questione una squalifica di 5 anni, accusando le istituzioni sportive di non tutelare abbastanza le giovani donne arbitro.

Durante la stagione sportiva in corso due episodi sono saliti alla ribalta delle cronache. Il primo ha riguardato una partita di Serie C2 di calcio a 5 tra Casoli e Futsal Lanciano, al termine della quale un calciatore ha rivolto pesanti ingiurie all’indirizzo della direttrice di gara, Giulia Antonini di Pescara, colpendola con una manata sul braccio, rimediando ben 2 anni e mezzo di squalifica; il secondo episodio è, invece accaduto in Veneto, dove, al termine della partita di Seconda Categoria tra Marchesane e Real Stoppari, l’allenatore ospite ha invitato l’arbitro Sara Semenzin a cambiare mestiere e a “dedicarsi ai fornelli la domenica”, rimediando 7 mesi di squalifica.

La condizione delle donne arbitro non può dirsi, di certo, migliore negli altri sport. L’avvenimento più tristemente noto ha riguardato una partita di rugby di Serie A dove l’arbitro Maria Benvenuti è stata vittima di un violentissimo placcaggio da parte del rugbista della Virtus Padova Bruno Doglioli, punito, dapprima, con 3 anni di squalifica e, successivamente al ricorso alla Corte Federale d’Appello promosso dalla Procura Federale, con la massima sanzione sportiva, vale a dire la radiazione.

Episodi del genere, sicuramente, non possono che essere dannosi per il movimento sportivo italiano, che rischia così di uscire sconfitto dalle tante battaglie in atto per accrescere la diffusione dello sport femminile e, più in generale, per avvicinare maggiormente le donne verso una sana pratica sportiva, ad ogni livello. Il settore sportivo, infatti, risulta tradizionalmente dominato da figure maschili, tanto in termini di partecipazione, quanto di potere decisionale. La disparità di genere nello sport è divenuta oggetto di ricerche da parte dell’EIGE, l’Istituto Europeo per l’eguaglianza di genere, che, nel 2015, ha stilato un rapporto contenente i numeri della sproporzione tra uomini e donne negli ambienti federali e societari e i dati raccolti hanno evidenziato come le donne restino, sostanzialmente, ai margini dei processi decisionali, aggirandosi in media la loro presenza in posizioni di vertice delle confederazioni europee degli sport olimpici intorno al 14 %. L’Istituto europeo, inoltre, ha posto l’accento sul fatto che la presenza di figure femminili all’interno di staff tecnici sia pressoché limitata agli sport praticati per la maggior parte da ragazze e circoscritta in ambito per lo più locale e regionale. La differenza di genere persiste in maniera significativa anche riguardo ai numeri della pratica sportiva, posto che, nella fascia compresa tra i 15 e i 24 anni di età, solo il 55 % delle ragazze pratica sport, a fronte del 74 % dei ragazzi.

Come spesso accade, sarebbe consigliabile volgere lo sguardo all’organizzazione del fenomeno sportivo negli altri Paesi europei, anche per quanto riguarda l’arbitraggio. In Germania, ad esempio, vi è stato il debutto del primo arbitro donna nel massimo campionato maschile di calcio, la Bundesliga, ed oggi, la sig.ra Bibiana Steinhaus è considerata uno dei migliori arbitri tedeschi, oltre che un simbolo per le tante donne che si battono per la parità di genere nello sport. La Federazione calcistica tedesca, nel corso degli anni, si è dimostrata molto attenta nell’apprestare le dovute tutele alle donne arbitro, arrivando, persino, a sanzionare un calciatore, resosi protagonista di insulti all’indirizzo di un direttore di gara donna, costringendolo ad arbitrare una partita di calcio femminile, con il chiaro intento di sensibilizzare l’opinione pubblica e, segnatamente, gli atleti uomini, sull’importanza dello sport praticato dalle donne.

La speranza è che anche in Italia, la cultura sportiva possa raggiungere i livelli di crescita da molti auspicati, affinché le istituzioni sportive intervengano a tutela della dignità delle sportive donne, siano esse atlete, allenatrici, arbitri o dirigenti.

Prof. Avv. Margherita Pittalis

Associato di Diritto Privato e di Diritto Sportivo
Università di Bologna